Milordo

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Milordo (Domenico Corte, 1902-1989)

Milordo è stato figlio unico fin dalla nascita: la madre morì lasciandolo ancora in fasce alle cure del padre sarto, ansioso e orgoglioso che lo coccolò fino al parossismo. Si racconta di pipì lasciata fare nel cappello o di vasetti con l’orlo foderato per non fargli sentire i brividi di freddo dell’orinale di ghisa. Si racconta di capricci culinari anche in tempi di scarsità: capricci che si porterà appresso tutta la vita, tormentando moglie e figlie che gli preparavano da mangiare e contagiando anche figli e nipoti.
Drammatico il periodo dell’autoflagellazione che attuò per imitazione dei padri missionari passionisti in visita penitenziale a Coreno che, si racconta, si autoflagellavano ai piedi dell’altare per scontare i peccati del mondo davanti a fedeli in delirio per la sofferenza che si procuravano.
Era appena un ragazzo Milordo ma ne rimase talmente impressionato che si costruì una frusta con i ritagli di alluminio che raccoglieva nella bottega dello stagnino: uniti insieme diventavano un formidabile strumento di tortura . Milordo si chiudeva in camera e a tordo nudo si infliggeva schiocchi di frusta che gli procuravano tagli sanguinanti sulle spalle e sul torace. Il padre dovette faticare non poco per farlo desistere.

Milordo è stato figlio unico anche da sposato. E lo fece giovanissimo, a 19 anni con una donna giovanissima anche lei che proveniva da una famiglia più agiata, con il padre commerciante e uno zio prete. A 20 anni ebbe la sua prima figlia. Leggendario il suo rifiuto di ogni anche rudimentale tecnica anticoncezionale. Risultato: 12 figli, di cui solo 6 sopravvissuti.

Milordo è stato figlio unico anche durante la guerra, quando pur nei disagi e nelle sofferenze delle fughe, delle deportazioni e degli sfollamenti riusciva a ritagliarsi lo spazio e il modo per i suoi piccoli vizi che in quei frangenti diventavano incommensurabili (il formaggio sulla pasta, mai il sugo del giorno prima, ecc.)
Fu figlio unico anche anche da commerciante. Leggendari i suoi viaggi di lavoro a Napoli dove si recava più o meno una volta al mese per approvvigionarsi di tessuti, asciugamani e corredi da rivendere nel suo negozio. Quando riusciva a fare buoni affari o a risparmiare sulla spesa si ritagliava i soldi per una pizza a Forcella e per qualche sfogliatella da portare a casa.
Una mattina del febbraio 1965, proprio mentre stava a Napoli, la moglie non si svegliò più: la trovarono i vicini morta nel sonno. Milordo, tornando, aveva in mano il pacco delle sfogliatelle.
Ma anche da vedovo rimase un figlio unico, conservando e anzi approfondendo i suoi vizi, le sue idiosincrasie, le sue preferenze che scaricava a turno sui figli che si prendevano cura di lui e soprattutto sul figlio prediletto, il maggiore dei maschi che portava il nome di suo padre, che lo tenne con sé fino alla fine, anche dopo la morte prematura della moglie che gli lasciò in cura 4 figli giovanissimi.

Ma il più piccolo di tutti, il più viziato di tutti restò sempre lui, Milordo, l’uomo che nacque, visse e morì (a 87 anni) figlio unico.

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