Antonio Corte

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Il mio primo articolo riguardava l’emblematica morte di Antonio Corte, uno straordinario giornalista corrispondente da Parigi de “Il Mondo”. Uomo che non faceva compromessi, non “teneva famiglia” e non si vendeva per una bistecca. Scoprii che lo stress di essere un giornalista libero, in un paese di leccascarpe, gli aveva scatenato un suicidio nel sangue.

Diego Cugia

Antonio Corte.

Vi dice niente questo nome? Ad alcuni, forse, no (come a me, del resto, la prima volta che ho sentito questo nome) e lo immaginavo. Questa è la storia di un giornalista nato a Coreno Ausonio, un artista del mestiere, un intellettuale. Una storia che ho avuto modo di ascoltare nuovamente e di apprezzare ancor più dalla voce di Jack Folla.
Quella di Antonio Corte è una storia vera di malattia di vivere, una storia che, con le dovute proporzioni si intende, mi ricorda la mia. Per questo, credo, mi sono così appassionato alla sua vicenda. Antonio Corte era un giornalista, uno di quelli liberi nel vero senso della parola, troppo colto ed autocritico per diventare uno scrittore ma, contemporaneamente, troppo artista per essere un lecchino di redazioni e direzioni. Penso anch’io infatti, così come Jack, che al mondo esiste ancora gente che al ‘partito della bistecca proprio non riesce ad iscriversi, direi geneticamente. Antonio Corte non si comprometteva mai ed è passato alla storia per aver collaborato, da Parigi, con la rivista ‘Il Mondo’ diretta da Mario Pannunzio tra gli anni ’60 e ’70 e su questa intervistava poeti e scrittori vivendo, quasi sopravvivendo per meglio dire, con lo stretto necessario. Un giorno si prese un mal di gola, un banale e comunissimo mal di gola. Una settimana dopo non c’era più. Cos’era successo? Ancora una volta non posso non trovarmi d’accordo con Jack quando afferma, nella necessaria premessa, che in questo Paese sembra quasi impossibile essere giovani e non tentare la strada del giornalismo.
Quella passione che, conoscendo storie come quella di Antonio Corte (e sono tante!!!) e vivendo mia esperienza personale, è pian piano svanita. Antonio Corte a causa dello stress, generato dall’impossibilità di esprimersi liberamente come avrebbe voluto, era stato attaccato da alcuni organismi normalmente non aggressivi e che coabitano dentro tutti noi. Hanno un nome tranquillizzante, inoffensivo: si chiamano Klebsielle….Ebbene, lo stress aveva provocato nel giornalista una caduta delle difese immunitarie; i medici non avevano trovato l’antibiotico giusto ammesso che esista un antibiotico per questo male di vivere e lui se n’era andato. Straordinarie le sue interviste a Leo Ferrè o a Francoise Sagan, l’autrice di ‘Buongiorno tristezza’ (intervista letta personalmente). Questa è la storia di Antonio Corte.’

Claudio Cesa

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