La casa dell’infanzia
Così bassa la porta della casa che per entrarci
ho dovuto piegarmi fino
all’altezza di un bambino.
Come facevamo a starci in tanti
se da solo riesco appena
a muovermi per le stanze?
Come poteva questa cucina
da una sedia e un tavolo ingombrata
da un buco nel muro illuminata
essere così vasta ed assolata?
E quest’orto che a stento
basta al raspare di una gallina,
è davvero quello d’una volta, giardino
di uccelli, frutta e fiori?
E in quell’angolo, appesa
a un chiodo, sorpresa
tanto dalla mia presenza
da mostrare la massima indifferenza,
non c’è la squadra da sarto di mio padre:
il suo lavoro lasciato
a metà, il mio giocattolo impiccato?
Che dolorose
voci hanno le cose
che un tempo ci sono appartenute:
voci così dolorose quanto mute.
Come s’è fatta scura
di mestizia e saggezza
quella bottiglia: a volerla esaminare
si scoprirebbero le impronte digitali
di mia madre.
Così bassa la porta della casa che per uscirne
ho dovuto piegarmi fino
all’altezza di un bambino.
(Tommaso Lisi, Liturgia famigliare, 1969 e 2014)
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