Le ianare

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Le ianare di Coreno sono una leggenda di importazione.
Le ianare infatti vengono da Benevento. Il nome forse deriva da Giano, il dio bifronte, con una faccia sul viso ed un’altra dietro la testa. Secondo questa teoria, le janare si chiamerebbero così perché entrano nelle abitazioni attraverso la porta di casa (in latino ianua, -ae) il cui dio protettore è appunto Giano.
Le storie che abbiamo racimolato qua e là sul web sono le stesse che abbiamo ascoltato da bambini accanto al fuoco, quasi senza variazioni.
Le janare sono figure caratteristiche della civiltà contadina. Nella tradizione, esse erano fattucchiere in grado di compiere malefici ed incantesimi, di preparare filtri magici e pozioni in grado di procurare aborti. Tuttavia non si conosceva l’identità delle janare: esse di giorno potevano condurre una esistenza tranquilla senza dare adito a sospetti. Di notte, però, dopo essersi cosparse le ascelle di un unguento magico, esse avevano la capacità di spiccare il volo lanciandosi nel vuoto a cavallo di una granata, cioè una scopa costruita con saggina essiccata. Nel momento del balzo, pronunciavano la frase:

Sott’a l’acqua, sott’a ‘r vient, sott’a la noc d’ Bnvient
(sotto l’acqua e nel vento, sotto il noce di Benevento)

La natura incorporea delle janare, faceva sì che potessero entrare nelle abitazioni penetrando sotto le porte, come un soffio di vento, oppure penetrando dalle finestre come un lieve spiffero.Per evitare che esse potessero entrare, dietro alle porte e alle finestre venivano appesi sacchetti di sale o scope.
La tradizione vuole che la janara, prima di entrare in casa, dovesse contare tutti gli acini di sale o tutti i fili o le fibre che formano la scopa. La ianara, così, era costretta ad espletare il compito ma nel frattempo sopraggiungeva l’alba e la ianara era costretta a ritornare nella propria abitazione.I malefici che una janara poteva provacare erano diversi. La ianara poteva provocare aborti o essere la causa di infertilità, poteva entrare di notte nelle abitazioni e “torcere” i bambini, facendoli piangere per il dolore ed a volte causando la loro deformità.
Le ianare erano conosciute anche per i dispetti che facevano ai contadini, manomettendo i loro strumenti di lavoro, facendo marcire le loro provviste. Alcuni contadini assicurano che di mattina, recandosi nella stalla, trovavano i cavalli sudati (si racconta che a volte succedesse lo stesso con le mucche) come se avessero cavalcato per tutta la notte; a volte le criniere erano raccolte in numerose treccine.
Si racconta che una notte un marito si accorse che la moglie si era alzata dal letto. L’uomo di nascosto seguì la donna spiando tutto ciò che ella faceva. Vide la moglie afferrare un vasetto contenente un misterioso unguento, cospargersi il corpo con quell’impasto e buttarsi nel vuoto dalla finestra, prendendo il volo. Resosi conto, quindi, che la moglie era una janara, il marito sostituì l’unguento magico della moglie con del semplice olio che tuttavia aveva lo stesso aspetto. Di lì a pochi giorni, la janara si alzò nottetempo e, preso nuovamente il solito vasetto, si cosparse il corpo dell’unguento contenuto nel vasetto, quindi si buttò dalla finestra. Quella notte, però, non prese il volo ma precipitò a terra e morì.
Neanche a Coreno si riuscì mai a identificare una ianara. Anzi, chi si faceva passare per esperto si spingeva a sospettare una “comare”, ma di Castelnuovo…

In questo video del 1975 una rivisitazione della leggenda delle Ianare.

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